Non l’avrà certamente presa benissimo l’esimio Prof. Cendon.
Le Sezioni Unite, con quattro sentenze gemelle (nn. 26972,26973,26974,26975) hanno detto basta al proliferare di decisioni – alcune invero alquanto bizzarre – di Giudici di Pace non propriamente satolli di diritto: il caso della sposa vittima di depressione e/o ansia per la rottura del tacco, dello sfortunato avventore di barbiere con look dei capelli sconvolto, del rassegnato playboy che non poteva presenziare ad incontro galante causa tamponamento altrui della propria macchina di lusso; ed altri ancora che non citiamo per pudore.
Insomma, il danno cd. esistenziale, figlio di una rivisitazione giurisprudenziale teleologicamente e costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. di qualche anno orsono, non è un vezzo a parere degli Ermellini, i quali costruiscono diga solida ai decisa degli Enfants prodiges dei GdP. D’ora in poi, solamente le ingiustizie che trovano fondamento nella Costituzione (in primis quelle ex art. 2, 29, 30 e 32 Cost.) saranno suscettibili di tutela. Ergo, non azzardatevi più a ricorrere al bravo Giudice di Pace perchè. ad esempio, soffrite di stress da attesa aeroportuale o da intasamento della cassetta postale condominiale per via dei volantini di Mediaworld.
Il Consigliere Relatore di tali arrets, il Dott. Preden, precisa che il cd. danno esistenziale non è una figura autonoma, ma appartiene all’unitario genus del danno non patrimoniale. In seconda battuta, l’art. 2059 c.c. in assenza di reato apre le porte a risarcimenti qualora i pregiudizi siano eziologicamente conseguenti alla vulnerazione di un diritto inviolabile alla persona. In terzo luogo, non azzardatevi a parlare di damnum in re ipsa: il danno cd. esistenziale, come oramai assodato in giurisprudenza, va adeguatamente provato dalla parte che ne vanta il ristoro completo. Sarà poi il Giudice – mediante metodi non ancora uniformi – valutare caso per caso an quomodo et quantum liquidare.
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