Breve nota alla oramai celebre recente sentenza della Corte Costituzionale n. 335/2008 in merito alla incostituzionalità delle leggi che prevedono il pagamento dei servizi di depurazione nei Comuni ove tali servigi non sono operativi.
In parole povere, se volessimo riassumere il contenuto della sentenza n. 335/08 della Corte Costituzionale, dovremmo giungere ad un banale “non si paga un servizio che non viene reso”. Tutto semplice – si direbbe – sin qui. In realtà, non è andata sempre così per quanto riguarda il pagamento dei servizi di depurazione delle ccdd. acque reflue: molti Comuni in questo periodo dovrebbero correre ai ripari, poichè l’effetto moltiplicatore di tale arresto giurisprudenziale potrebbe essere di grande momento.
Con ordine, l’affaire non è semplice, anzi. Nel 2003 il Comune di Gragnano (NA), era privo di depuratore delle acque reflue; tuttavia, la società che gestiva il cd. servizio idrico integrato nel Comune appena citato aveva richiesto agli utenti il pagamento di tale non-servizio/disservizio. Questo, al di là di ogni giustizia sostanziale, era purtroppo reso possibile dalla normativa vigente, che prevede(va) che tale tariffa fosse comunque dovuta dal cittadino pur in assenza/non funzionamento dell’impianto di depurazione. La cd. e famigerata legge Galli (art. 14 comma 1 l. n. 36/1994) destinava tali proventi ad un “fondo vincolato” a disposizione del gestore del servizio idrico integrato.
Un cittdino di Gragnano non “ci sta” e fa ricorso al Giudice di Pace (trattandosi questi di diritti ccdd. soggettivi di diritto privato e non di tasse stricto sensu) per la ripetizione di quanto versato. Il solerte GdP, poichè una legge – nel bene o nel male – c’era, non poteva certo dar ragione al ricorrente rebus sic stantibus. Propone dunque eccezione di incostituzionalità della legge Galli. La Corte Suprema delle leggi dà ragione al Giudice rimettente e – di conseguenza – al cittadino esponente.
Il decisum dei Supremi Giudici ha una propria logica, semplice ma icastica. La tariffa de qua non è una tassa, bensì un corrispettivo per un servizio effettivamente reso. Non si tratta invece, come invano sostenuto dal Governo, di un tributo in senso stretto, ergo da corrispondere a prescindere dall’effettiva resa della prestazione. Se pertanto di corrispettivo si tratta, non deve essere preteso in totale assenza di controprestazione.