Gentile Avv. Ciucio, risiedo a Milano ma posseggo una seconda casa in una località marina. Qui recentemente l’azienda che gestisce il servizio idrico ha aggravato la spesa per coloro che non risiedono nel comune. Sono molto arrabbiato per questo aggravio – sono per di più pensionato – e voglio sapere se sia legittimo o meno l’iter seguito da tale azienda, a danno di persone che utilizzano solamente un piccolo prelievo d’acqua in un ridotto periodo dell’anno. Grazie (Germano, via mail)

Concordo che si tratti di une tema davvero odioso, anche chi scrive ne è – purtroppo – vittima. Pare che l’art. 154 del d.Lgs. n. 152/2006 (cd. Codice dell’Ambiente) reciti che la tariffa del servizio idrico integrato (distribuzione acqua potabile, raccolta e depurazione acque di scarto) venga parametrata in modo tale da assicurare agevolazioni per i consumi domestici essenziali. La norma dice anche che sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie rispetto a quelle applicate alle principali. Pare quindi che nulla possa essere esperito nella materia oggetto di trattazione, ad eccezione della voce relativa al depuratore.

Difatti, una recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 335/2008) ha bocciato le leggi (in primis la cd. legge Galli) che chiedevano il versamento della tariffa idrica intera anche quando il Comune è sprovvisto del depuratore per le acque reflue. La Consulta, insomma, sulla falsariga di quella giurisprudenza consolidata che considera il corrispettivo del servizio de quo non una tassa bensì una mera controprestazione di diritto privato, lega i versamenti allo svolgimento dell’attività, la cui deficienza porta ovviamente ad una assoluta carenza di sinallagma contrattuale, con conseguente possibilità di ripetere quanto versato. Detto in altre parole, non si può chiedere il pagamento di servizi non resi.