Rispondo ad un quesito che spesso mi viene domandato durante i miei primi colloqui con la clientela in fase di separazione. Va da sé che ogni situazione necessita di uno studio ad hoc: è difficile stabilire con esattezza i costi di un’assistenza legale alle coppie in crisi, poichè sono molti i fattori che influiscono sulla redazione della notula. Quanto infra esposto è giocoforza una media ponderata sulla falsariga di una possibile spesa-base.

“Quanto mi costa separarmi?”. E’ la tipica domanda cui ogni avvocato deve rispondere di fronte al cliente in crisi di coppia, il quale assume quell’espressione tra il timoroso ed il rassegnato tale da apparire quasi come un condannato sul patibolo che attende solamente il colpo di grazia.

In primo luogo, occorre dire che sia i giudizi di separazione che di divorzio (recte, scioglimento del matrimonio ovvero cessazione degli effetti civili del matrimonio in caso di matrimonio concordatario) sono totalmente esenti da ogni forma di tassa, imposta, bolli o spese di registrazione. Non esistono insomma le cosiddette “spese vive” (contributo unificato di iscrizione a ruolo e relativa marca da bollo, spese di notificazione atto introduttivo, marche da bollo per rilascio di copie conformi all’originale del provvedimento presidenziale, del decreto di omologazione o della sentenza di separazione, né la tassa di registrazione dei provvedimenti conclusivi dei giudizi).

Per ciò che invece riguarda il compenso all’avvocato, novità rilevanti sono state introdotte in Italia dal cd. Decreto Bersani (l. n. 248/06): il legale può liberamente pattuire con il cliente l’entità del compenso. E’ cosa corretta pertanto, al conferimento del mandato, chiedere una stima di quanto si dovrà versare per l’assistenza legale. Il decreto Bersani, infatti, ha eliminato il vincolo ai ccdd. “minimi tariffari”, cioè la tariffa più bassa all’interno della forchetta minimo-massimo che il legale poteva richiedere per l’attività prestata.

Prendendo comunque come riferimento le ccdd. “Tariffe forensi” (D.m. 8/4/2004), la possibile spesa-base era la seguente (lo ricordiamo, a seguito del decreto Bersani, che ha reso derogabili i minimi tariffari, gli importi possono essere considerati valori orientativi di partenza):

SEPARAZIONE CONSENSUALE CON UNICA UDIENZA

Minimo € 800,00.=   Massimo € 3.450,00.=

SEPARAZIONE GIUDIZIALE (4/5 UDIENZE)

Minimo € 1.055,00.=   Massimo € 9.790,00.=

Tali valori (che costituiscono soltanto la voce “onorari” in parcella, cui dovranno aggiungersi spese generali e diritti, vedi sotto) si ricavano semplicemente dal fatto che il valore di una causa di separazione, essendo indeterminabile, si collega allo scaglione per le cause di valore tra € 25.900,01.= a € 51.700,01.=).

Nella liquidazione del compenso, l’avvocato personalizzerà sempre la propria notula. Terrà conto, ad esempio, di alcune questioni satellitari rispetto alla mera separazione, quali l’affidamento dei figli, l’addebito della separazione, il grado dell’autorità adita (se Tribunale, Corte d’Appello o Cassazione), il numero delle udienze cui ha presenziato, le eventuali prove testimoniali, i vantaggi anche non patrimoniali conseguiti dal cliente.

La notula conterrà tre voci generali: spese, diritti ed onorari. Su questi ultimi, si tratta del quantum richiesto dal professionista per la sua opera intellettuale (studio della controversia nonchè degli aspetti appena riportati sull’affidamento dei figli, et cetera). I diritti sono il corrispettivo dell’attività meramente materiale svolta dal legale, di importo fisso (es., preparazione fascicolo, corrispondenza, deposito atti, ritiro stessi, et cetera). Infine, sulle spese: per quanto concerne quelle ccdd. vive, già si è detto sopra; residua tuttavia in parcella (e va addebitata al cliente) una somma a titolo di rimborso forfettario per le ccdd. “spese generali” , pari al 12,5% su onorari e diritti.

Per i non abbienti, il legislatore prevede l’ottimo istituto del cd. gratuito patrocinio (vedi ampiamente nel blog sotto tale voce).

E’ infine da sottolineare un ultimo aspetto importante: pone in essere un comportamento deontologicamente scorretto l’avvocato che nell’ambito di una separazione consensuale chieda a ciascuno dei coniugi il compenso professionale. In soldoni, la coppia che decide di separarsi in via consensuale con un unico legale divide a metà la spesa di quest’ultimo tra i due coniugi. Inoltre, l’avvocato che, sopo aver assistito entrambi i coniugi nel procedimento di separazione consensuale, presti la propria assistenza a favore di uno solo costituendosi per questi nella causa di modifica delle condizioni di separazione, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante.