Nuova – e si spera definitiva – puntata delle Sezioni Unite penali sulla vexata quaestio del cd. “consenso informato”: se l’operazione ha un esito positivo – si può ben sintetizzare – non e più così decisivo l’assenso del paziente (come giurisprudenza precedente in sostanza richiedeva).

   Con sentenza n. 2437/2009, le SSUU del Palazzaccio assolvono un chirurgo il quale non aveva informato a dovere il paziente, riuscendo tuttavia nel proprio operato. Il caso era quello di una donna alla quale, nel 1997, era stata asportata una tuba durante una labaroscopia. Per quest’ultima operazione il consenso vi era stato, ma l’altro intervento si era reso indispensabile su parere del medico, ed era stato effettuato con positivo esito. In prime cure il sanitario era stato condannato per lesioni volontarie, allorchè in seconde cure il reato era caduto in prescrizione.

   Per la Suprema Corte, in definitiva, è il risultato che conta: ove l’intervento sia stato condotto sulla base delle leges artis ed abbia raggiunto il suo scopo curativo, non si può verificare l’evento-malattia che sta alla base del reato di lesioni personali. Se, viceversa, l’intervento si è rivelato negativo, la malattia conseguente giustificherà a tutta forza la reazione dell’ordinamento mediante l’irrogazione di sanzione penale.