La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6371/2009, ha statuito che la presenza di una clientela non sia sufficiente ad assoggettare all’Irap un professionista, anche qualora quest’ultimo abbia un’auto ed un telefono cellulare: questi sono – semmai – soltanto il quid minimum perchè si possa parlare di libera professione.
Il caso è quello di una ragioniera alla quale la Commissione Tributaria Regionale aveva negato il diritto al rimborso Irap indebitamente versata poichè aveva una propria clientela ed alcuni beni strumentali. I giudici di seconde cure avevano ritenuto che questi ultimi elementi fossero ex se sufficienti a configurare un’autonoma organizzazione.
La Corte Suprema, invece, ribadisce – ancora una volta – il proprio – oramai consolidato – orientamento: il lavoro autonomo è soggetto all’imposta SOLO SE il contribuente sia responsabile dell’organizzazione, NON sia inserito in strutture organizzative riferibili ad altri, impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività o si avvalga in modo NON occasionale di lavoro altrui.
Anche parte della giurisprudenza di merito sostiene che sia indispensabile una organizzazione di qualità per essere assoggettati ad Irap: la Commissione Tributaria Regionale capitolina (II sezione, n. 21/2009) ha sostenuto che i professionisti sono soggetti ad Irap allorchè nella loro attività si avvalgano di collaboratori, effettuino investimenti economici ed utilizzino sofisticate strutture informatiche, che da soli siano idonei a creare quel cd. “quid pluris”, quel valore aggiunto insomma, di capacità contributiva tassabile.
Secondo i giudici romani, occorre insomma dare un valore ed un significato autonomo al concetto di organizzazione del lavoro, il quale “diventa un fattore di produzione, creando di per sé ricchezza generata e quindi un maggior reddito”.
Di conseguenza, si può certamente affermare che, sulla falsariga esegetica testè riportata, un’attività professionale è da ritenersi organizzata in presenza di:
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personale dipendente (impiegati, segretarie);
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collaboratori e/o (si perdoni il pessimo participio) “praticanti”;
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sofisticate attrezzature informatiche e/o telematiche;
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investimenti economici di rilievo.
Questi fattori garantiscono certamente un miglior risultato all’utente. Ecco spiegato il motivo per il quale non paga l’Irap un professionista che eserciti l’attività presso terzi e si avvalga di una struttura organizzativa che faccia capo ad un altro. Il reddito da attività professionale, quindi, non può essere soggetto ad Irap quando è il risultato del solo lavoro personale.
La carenza di struttura organizztiva potrà essere dimostrata anche attraverso la documentazione dei costi sostenuti dall’attività. L’imposta scatta quando si è in presenza di un contribuente che eserciti l’attività con organizzazione autonoma, costituita da capitale e da lavoro altrui, coordinati in modo tale da creare quel valore aggiunto con un ridotto apporto personale del professionista.