Il medico di famiglia – convenzionato con le asl – non è soggetto all’Irap poiché non svolge un’attività autonomamente organizzata.
Il principio è stato ribadito dalla Commissione Tributaria Provinciale e Regionale di Roma, con le sentenze n. 102 del 28 gennaio e n. 13 del 25 gennaio 2010. Il giudice romano afferma l’evidenza del fatto che la particolare attività del medico di base deficiti di organizzazione. Anche nei casi ove ci sia una “struttura tecnica”, essa è “strettamente dipendente dalla figura del professionista (medico), che la gestisce siccome connessa al normale esercizio della sua attività e incapace come tale di funzionare autonomamente senza il contributo personale del titolare stesso”. Precisazione importante è che si debba fare riferimento al quadro RE della dichiarazione dei redditi al fine di valutare i costi sostenuti dal sanitario.
Effettivamente, non è chi non veda che il medico di famiglia eserciti l’incarico sotto la stretta sorveglianza delle Asl, a seguito di concorso per titoli ed iscrizione in elenchi speciali. Per potere espletare il proprio – peculiare e delicato – incarico egli è tenuto ad osservare alcune prescrizioni: deve aprire un ambulatorio nella località assegnatagli; non può superare il numero massimo di assistiti; deve osservare un orario settimanale di apertura dell’ambulatorio e di esecuzione di visite domiciliari; ha un obbligo di preventiva comunicazione del periodo di ferie. Anche il compenso economico – peraltro – è prestabilito. Tutto ciò basta per i giudici capitolini ad escludere la presenza di un’autonoma organizzazione, unico presupposto impositivo dell’Irap.
Fonte: Il Sole24Ore del 9 febbraio 2010