Gentile Avv. Ciucio, ho letto da più parti della possibilità che il Fisco possa adottare una sorta di Redditometro per le proprie indagini fiscali, anche facendo leva su controlli bancari. Posso avere chiarimenti al riguardo? Grazie (P., via mail)
Il cd. redditometro (con altri strumenti a disposizione degli uffici dell’amministrazione finnziaria come le indagini bancarie) trova la propria ratio nell’ausilio al Fisco nell’attività di quest’ultimo volta alla ricerca di coloro che conducono un tenore di vita assolutamente sproporzionato rispetto a quanto dichiarato annualmente.
Il redditometro, come già evoca il termine stesso, è lo strumento vòlto a misurare la ricchezza del contribuente. Pertanto, verranno controllati i soggetti possessori di immobili, residenze secondarie, auto di lusso, barche ed aeromobili (categorie che formano le ccdd. “manifestazioni di capacità contributiva”), i quali dichiarano redditi imponibili molto bassi.
Gli Uffici avranno anche il potere di effettuare controlli bancari, al fine di conferire il massimo grado di sostenibilità alla pretesa fiscale. I primi soggetti che verranno controllati saranno indubbiamente coloro che non hanno evidenziato nella propria dichiarazione dei redditi alcun debito d’imposta, ma che al contempo risultino possessori di beni sopra elencati.
Il cd. “redditometro” altro non è se non lo strumento che consente di enucleare una prima stima – sintetica – di reddito: gli Uffici dell’AGE tramite esso potranno pertanto procedere agli accertamenti ccdd. sintetici dei redditi di una persona fisica, ex art. 38 d.P.R. n. 600/1973: “L’Ufficio può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato“.
Tale determinazione induttiva può essere effettuata dall’AGE in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva, allorchè il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto a tali elementi per due o più periodi d’imposta.
Si elencano i beni/servizi di cui in narrativa:
- aeromobili;
- navi/imbarcazioni da diporto;
- autoveicoli;
- motoveicoli di cilindrata superiore ai 250 cc;
- roulottes;
- residenze (principali e secondarie);
- collaboratori familiari (ccdd. colfs);
- cavalli;
- assicurazioni (escluse quelle per i veicoli, sulla vita e sugli infortuni o malattie) e mutui.
Sul come si calcoli il reddito presunto, interviene l’art. 2, comma 1 del d.m. 10/9/92, che afferma che i beni/servizi appena riportati: “Si considerano nella disponibilità della persona fisica che a qualsiasi titolo o anche di fatto utilizza o fa utilizzare i beni o riceve o fa ricevere i servizi ovvero sopporta in tutto o in parte i relativi costi”. Ciò che importa è pertanto la mera situazione di fatto: esempio classico, l’auto intestata al figlio non ancora percettore di reddito è nella “disponibilità fiscale” del genitore.
Si considerano quindi gli importi relativi a ciascun bene/servizio disponibile, riducendo tali importi qualora il bene sia nella disponibilità anche di altri soggetti (coniuge, figli etc. a carico); si moltiplica quindi ogni importo per il rispettivo coefficiente indicato in tabella. I valori ottenuti vengono quindi sommati, secondo i seguenti criteri:
– il valore più elevato è considerato per intero, cioè al 100%; il secondo valore è considerato al 60%; il terzo al 50%; il quarto al 40%; quelli successivi al 20%. La somma dei valori è il reddito presunto: si deve quindi aggiungere la quota relativa ad eventuali incrementi patrimoniali: l’art. 38 comma 5 d.P.R. n. 600/73, infatti, recita: “Qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivonetto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti”. Ne consegue, quindi, che per gli investimenti effettuati, si deve attribuire la quota di 1/5 all’anno in cui è stata sostenuta la spesa e la quota di 1/5 a ciascuno dei quattro anni precedenti.