Gentile Avvocato, vivo una separazione conflittuale con mio marito. Mio figlio è stato affidato ad entrambi con l’affido condiviso, ma il mio ex marito a mio parere non è in grado di gestire al meglio il bambino. Ogni volta che me lo riporta, lo trovo più magro e sciupato. So che spesso è “parcheggiato” presso conoscenti del mio ex, per non dire delle innumerevoli volte in cui viene portato al fast food ed accontentato con panini e patatine, che non ritengo idonei per una sana crescita di un fanciullo. Il mio legale dice di non poter far nulla, considerata la nuova normativa. Che fare? Grazie (A., via mail)

Purtroppo, gentile Signora, rassegnarsi. Suo figlio – deve capire – non è che la vittima di una situazione più grande di lui, situazione di cui non è infrequente egli consideri esserne causa principale; non è colpa sua, del figlio o di suo marito se mangia panini e patatine. Il problema sussisterebbe se non mangiasse punto, allora – ma solo allora – lei avrebbe forti chances di un affido cd. monogenitoriale.

La Cassazione (per questo il Suo legale ha ragione) ha recentemente ribadito ancora una volta (cfr. Cass. n. 16593/2008) che l’affidamento condiviso ex l. n. 54/2006 si pone come modello legale prioritario di affidamento dei figli e non più come evenienza residuale. La conseguenza è che esso non possa ritenersi precluso dalla mera conflittualità tra i coniugi, risultando necessaria una condizione di manifesta carenza educativa tale da rivelarsi pregiudizievole per il minore.

La cd. legge sull’affidamento condiviso trova la propria ratio nel fatto – innegabile – di eliminare quel fastidioso discrimine che in precedenza colpiva in forte maggioranza i padri, che lamentavano spesso l’esclusione dalla vita dei figli, i quali li relegavano a meri bancomat mensili, come pure è stato scritto. L’art. 155 c.c. è stato rivisto, e prevede ora che “anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Il giudice deve considerare “prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori” (affidamento cd. iviso), e solo quando ciò non sia possibile “stabilisce a quale di essi sono affidati” (affidamento cd. esclusivo o monogenitoriale).

La differenza rispetto al precedente “affidamento congiunto” del 1987 consiste nel fatto che quest’ultima presupponeva un’assenza di conflitto tra i coniugi, allorchè l’affido condiviso può essere disposto anche in tal caso: ratio della novella è infatti quella di di responsabilizzare al lassimo entrambi i genitori, in guisa tale da farli “crescere” – quanto meno – nella stessa misura in cui questi ultimi si adoperano nei confronti del figlio.

L’affido condiviso, quindi, oggi è la regola. Vi si deroga se e solo se si riesca a provare che l’altro genitore sia carente nell’educazione impartita al minore, a tal punto da risultare pregiudizievole verso quest’ultimo. Questo nuovo impianto, che “sballotta” un pò i bambini di qua e di là, si scontra con l’esigenza di fornire stabilità abitativa e di vita quotidiana a questi, con il corollario che i giudici prevedono comunque che i figli – pur rimanendo nel perimetro dell’affido condiviso – vivano stabilmente presso un genitore (in gergo, il cd. collocamento) e frequentino l’altro seguendo precisi regimi di turnazione.

Altra novità di non trascurabile rilievo, la potestà genitoriale. Essa, con la novella del 2006, è esercitata congiuntamente dai coniugi, che devono assumere di comune accordo le decisioni di maggiore interesse per i figli sull’educazione, istruzione, salute. Il giudice ha tuttavia il potere di stabilire che i genitori esercitino la poetstà separatamente pet le questionidi ordinaria amministrazione.