Si alle agevolazioni fiscali sulla prima casa in comunione, anche se la residenza è ricollegabile ad uno solo dei coniugi.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 2109 del 28 gennaio 2009, ha respinto il ricorso del fisco .
Il requisito della residenza conta, ha spiegato la sezione tributaria, per ottenere i benefici fiscali soltanto se riferito alla famiglia. In poche parole il fatto che i coniugi abbiano scelto quell’abitazione per viverci supera l’empasse della residenza anagrafica che, per qualunque motivo, uno dei due ha in un altro comune.
Infatti, hanno messo nero su bianco i Consiglieri della sezione tributaria, “in tema di imposta di registro e di relativi benefici per l’acquisto della prima casa, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza di chi ha acquistato in regime di comunione”. Ma non basta. “In particolare i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica ma reciprocamente alla coabitazione quindi un’interpretazione della legge tributaria (che del resto parla di residenza e non residenza anagrafica) conforme ai principi del diritto di famiglia porta a considerare la coabitazione con il coniuge come adeguato elemento a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari”.