Parecchie persone mi scivono e moltissimi clienti mi parlano dei famigerati impianti Traffiphot di Viale Monte Ceneri di Milano, chiedendomi informazioni su eventuali ricorsi.

Si tratta di impianti poco visibili poichè collocati sotto il cavalcavia che corre parallelo su tutto il Viale, ed ubicati presso ogni incrocio. L’arteria cittadina è trafficatissima: costeggia la Fiera City ed è all’imbocco della Tangenziale Est direzione Autostrade Milano-Laghi e Torino-Venezia.

Le multe riferite a tali macchinari giungono con due foto che ritraggono il veicolo ad un intervallo di tempo prefissato. Vengono indicati:

  1. velocità dell’autoveicolo;
  2. durata dell’amber (giallo);
  3. durata del red (rosso).

Generalmente, in questi casi si è sempre sostenuto che fossero necessari due fotogrammi, che ritraessero il mezzo prima della linea di arresto e dopo quest’ultima, per poter procedere alla corretta contestazione dell’infrazione. Nei casi del Traffiphot, molti si fanno ingannare dal fatto che entrambe le immagini mostrino l’auto DOPO lo stop; tuttavia, poichè il sistema sarebbe sperimentato anche per misurare la velocità (anche se è autorizzato solo per monitorare il rosso semaforico), se si commuta quest’ultima da km/h in m/s è agevole risalire (conteggiando il valore del campo “red” espresso in secondi) alla corretta o scorretta (ipotesi per lo più accademica) contestazione.

Molti si lamentano anche della mancata indicazione del modello della macchina, i cui estremi identificativi consisterebbero soltanto nell’esposizione della targa. Purtroppo, l’esplicitazione del modello del veicolo è imprescindibile nei verbali redatti a mano, dove è patente sapere oltre ogni ragionevole dubbio che proprio di QUEL mezzo si discute. Nel caso del Traffiphot, invece, la foto è prova regina della riferibilità della sanzione al fatto incriminato.