Gentile Avv. Ciucio, ho intenzione di prestare una somma di denaro ad una persona di mia conoscenza la quale vuole iniziare un’attività; ella tuttavia non può avere accesso ai servizi bancari a causa di una precedente disavventura finanziaria. Può gentilmente spiegarmi cosa posso fare per cautelarmi? Devo redigere atto notarile? Grazie e buon lavoro.

Gentile lettore, pur consapevole della ilarità che sicuramente le procurerò, posso dirle che il contratto che lei si appresta a concludere con il terzo si chiama “mutuo”. Certamente, per la maggior parte delle persone, questo termine evoca esclusivamente un quid proveniente solo da un istituto bancario, tuttavia tale contratto può nascere a buon titolo anche tra privati: il mutuante è colui che “presta” il denaro – ad interesse o meno -, allorchè si definisce mutuatario chi riceve quest’ultimo.

Il mutuo è negozio giuridico tipico, positivizzato nell’art. 1813 ss. c.c.: “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità“. L’art. 1815 c.c., inoltre, aggiunge che “salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante“.

Al fine di cautelarsi da insolvenze, appare utile non solo scrivere materialmente il negozio, ma anche farsi concedere opportune garanzie reali o personali (i.e. una fideiussione o un’ipoteca).

Tuttavia il Fisco pare non considerare tali contratti con particolare favor.

I mutui bancari, infatti, hanno particolari agevolazioni qualora durino oltre 18 mesi: vi è una sorta di imposta sostitutiva che ingloba quelle di registro, bollo e ipotecaria. Questa una tantum è dello 0,25% sull’importo totale di quanto anticipato dall’istituto di credito.

Invece, i mutui concessi da un privato scontano (oltre che il bollo di € 14,62 per ogni quattro facciate del contratto di mutuo ovvero 100 righe ad folium):

  • l’imposta di registro – 3% – sull’erogato (se i contraenti intendono risparmiarla, potrebbero incontrare ovvi e seri problemi in caso di contenzioso);
  • l’imposta di registro – 0,50% – sull’importo della garanzia concessa (ipoteca o fideiussione);
  • l’imposta ipotecaria nella misura del 2% sul totale della garanzia prestata.

Un altro svantaggio fiscale consiste nell’indetraibilità in sede di dichiarazione fiscale degli interessi passivi corrisposti al mutuante, differentemente dal caso di prestiti erogati dalle banche per cui vi sia stata iscrizione di ipoteca.