Le Sezioni Unite hanno aperto un piccolo spiraglio a favore del contribuente con la sentenza n. 9669/2009: il diniego di autotutela del Fisco è impugnabile anche se gli atti sono medio tempore divenuti definitivi; questo – tuttavia – a patto che il ricorrente non contesti la fondatezza della pretesa tributaria, bensì la legittimità del rifiuto. Ciò in quanto si determinerebbe altrimenti un’ingiustificata (nonchè inammissibile) ingerenza del giudice nell’agere discrezionale della P.A. Conseguentemente, è improponibile un ricorso con cui il contribuente eccepisca l’illegittimità non tanto del rigetto dell’istanza di autotutela, bensì degli avvisi di accertamento divenuti definitivi.
Con questo arret, le SSUU hanno richiamato un precedente di legittimità (n. 7388/07), che permetteva al ricorrente di contestare il rifiuto della P.A. di riesaminare un atto non più impugnabile in sede giurisdizionale. Altra corrente esegetica più drastica, invece, chiudeva la porta a qualsiasi forma di tutela in iure a fronte di pretese fiscali non più impugnabili (cfr. n. 2870/09).
Le Sezioni Unite ricordano che l’autotutela non costituisce un mezzo di tutela del contribuente; pertanto, nel giudizio che si instaura contro il diniego, può essere sindacata solo ed esclusivamente la “legittimità del rifiuto, e non la fondatezza della pretesa tributaria”. Questo perchè l’istituto (di diritto amministrativo) dell’autotutela prevede l’emissione del cd. contrarius actus da parte della PA in primis per motivazioni pubblicistiche, che soltanto di riflesso – e mediatamente – hanno vantaggi sulla posizione del privato.
L’altra corrente giurisprudenziale (n. 2870/09) aveva affermato che contro il rifiuto del Fisco non si potesse mai esperire un’autonoma tutela giurisdizionale, sia per la discrezionalità propria dell’attività di autotutela, sia perchè altrimenti si darebbe “inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo”, con evidente vulnus nei confronti del contribuente, il quale, di fronte all’inerzia – più o meno “dolosa” – della PA, non potrebbe pretendere il riesame di un provvedimento divenuto definitivo.
Si rammenta che il potere di autotutela dell’Ufficio non è caducato dalla pendenza della controversia in Commissione Tributaria, né da una pronuncia del medesimo giudice, né dal fatto che l’atto sia divenuto definitivo per mancata impugnazione nel termine di decadenza. Solamente il giudicato sostanziale ne impedisce l’esercizio.