L’agente della riscossione ha da qualche tempo alcuni strumenti in più a proprio favore al fine di recuperare forzatamente le somme dovute dai contribuenti ai vari enti pubblici. Si tratta di procedure molto incisive, tra cui: ipoteca su beni immobili, fermo amministrativo di veicoli (le ccdd. “ganasce fiscali”), pignoramento presso terzi, blocco dei pagamenti da parte della P.A.

   Questi viatici risultano spesso incompatibili con la tutela del contribuente, allorchè quest’ultimo conosca il vulnus al proprio patrimonio solo a bocce ferme, quando cioè porre un rimedio è alquanto difficoltoso.

   Per questi motivi una buona partenza è sempre quella della cartella di pagamento, che concretizza il primo atto con cui la PA manifesta all’esterno la propria voluntas di recuperare quanto crede che le spetti di diritto. Di conseguenza, il contribuente dovrà procedere ad impugnare la cartella medesima (nei termini dalla notifica indicati – a pena di nullità – in quest’ultima) presso il Giudice competente (Commissione Tributaria ovvero Giudice Ordinario, rispettivamente per somme iscritte a ruolo di natura tributaria la prima e per multe stradali o contributi previdenziali il secondo).

   In tema di quantum tributario, le norme contenute nella l. n. 546/92 espressamente statuiscono che non si possano eccepire i vizi di un atto antecedente a quello regolarmente notificato (es. avviso di accertamento rispetto alla successiva cartella): conseguentemente, se non si impugna quest’ultima in termini, non sarà più possibile farne valere i vizi propri in sede di opposizione ad un atto posteriore.

Iscrizione di ipoteca immobiliare

Generalmente preceduta da intimazione di pagamento delle somme dovute, è il meccanismo che consente alla PA di porre un vincolo alla libera disponibilità dell’immobile da parte del titolare. Si tratta di atto impugnabile, ma solo per vizi propri. Tuttavia, non capita di rado che – per errori di notificazione della cartella e/o problemi postali – l’iscrizione di ipoteca sia il primo atto che il contribuente riceva dall’agente della riscossione: la via migliore sarebbe quella di impugnare ora per allora la cartella di pagamento, dichiarando di aver avuto conoscenza di quest’ultima soltanto in occasione della notifica, al fine di caducare in radice ogni possibilità di agire da parte di chi vuol riscuotere.

Fermo amministrativo di veicoli

   Ha come ratio l’impedimento alla vendita/circolazione di un veicolo. Qui si segnalano non pochi casi di “ganasce” anche per debiti già abbondantemente prescritti (si ricorda che un creditore ben può far valere un debito prescritto, incombendo sul debitore eccepirne la caducazione per il trascorrere del tempo). Ciò che accade spesso è che un veicolo medio tempore venga venduto; ebbene, l’atto di vendita non è opponibile all’agente della riscossione. Risultato? Il mezzo non può comunque circolare, anche se passato di mano (è evidente la ratio normativa – pur nella sostanza odiosa – che mira a stroncare ogni manovra vòlta a “ripulire” l’autoveicolo).

   Spesso mi viene chiesto perchè si costringa il cittadino a proporre comunque ricorso in giudizio (con i relativi costi, tra l’altro spesso compensati in Commissione Tributaria), allorchè vi sarebbero altri strumenti azionabili senza spese quali l’istanza di autotutela. Purtroppo l’autotutela prevede che la PA emetta il cd. contrarius actus in assoluta discrezionalità, senza alcuna imposizione ut lege; inoltre, si ricorda che essa non interrompe il termine per impugnare nelle competenti sedi qualsiasi provvedimento amministrativo vulnerativo. La conseguenza è che il contribuente non dovrà incappare nella famigerata compensazione delle spese in sede giudiziaria, riservandosi la possibilità di instaurare un contenzioso contro l’Ufficio per il risarcimento del danno (da dimostrarsi da parte del contribuente stesso ex artt. 2043 e 2697 c.c.). Infine, ma non per importanza processuale, si rileva come la prescrizione non sia rilevabile d’ufficio dal giudice: attenzione quindi! Deve essere SEMPRE eccepita da chi vi ha interesse a rilevarla.

  Il cd. “preavviso di fermo” è atto impugnabile (cfr. Cass. SS.UU. ord. n. 10672/09); si rammenta che il provvedimento di fermo viene raramente notificato. L’opposizione va quindi esperita contro il preavviso di fermo.

Pignoramento presso terzi

  Questa opzione consente ad Equitalia di richiedere al terzo che deve delle somme al soggetto iscritto a ruolo (onorari, conti correnti, stipendi) di pagare direttamente all’agente l’importo iscritto a ruolo. L’atto di pignoramento dovrebbe essere notificato sempre a quest’ultimo. Per i debiti tributari, si discute se l’atto di pignoramento sia impugnabile presso le Commissioni Tributarie o innanzi al Giudice dell’Esecuzione (ovviamente, sempre per vizi propri e non di atti presupposti).

  La prassi di tutti i giorni – purtroppo – non è quella che si legge nei testi. Capita che l’atto di pignoramento sia notificato al debitore dopo un lasso di tempo non trascurabile rispetto alla notifica al terzo, con conseguenze di decurtazioni improvvise dei flussi di denaro e – non da ultimo – di perdita di credito (d’immagine) presso la propria clientela, danno forse più grave della mera deminutio patrimonii.

   Qui l’unico rimedio che rimane nell’ipotesi in cui le somme trattenute non siano dovute sembra l’azione di risarcimento dei danni contro la PA.

   Quindi, riassumendo: se l’atto è ricevuto solo dal terzo, il contribuente sembra avere a disposizione (è effettivamente quanto appare dal testo legislativo di riferimento) soltanto l’azione di risarcimento del danno contro l’agente della riscossione (con tutte le cautele del caso: l’art. 2043 c.c., norma di riferimento, richiede infatti che la prova del danno, del nesso eziologico fatto-danno nonchè della colpa della PA incombano tutte sull’attore-contribuente). Viceversa, se l’atto di pignoramento è notificato anche a quest’ultimo e se si tratta di materia fiscale, la via da seguire è il ricorso in Commissione Tributaria. Si segnala, tuttavia, che parte della giurisprudenza di merito ritiene che tale pignoramento sia opponibile solo innanzi al Giudice (ordinario) dell’Esecuzione.

Blocco dei pagamenti da parte della P.A.

   Gli enti pubblici che a qualsiasi titolo devono versare importi superiori ad € 10.000.,00.= hanno l’obbligo di verificare se il beneficiario è iscritto o meno a ruolo per importi almeno apri a tale cifra; se sì, allora la PA deve sospendere il pagamento in attesa che Equitalia notifichi il pignoramento presso terzi.

   Anche qui, l’atto di pignoramento indirizzato all’ente pubblico pagatore dovrebbe essere notificato anche al soggetto iscritto a ruolo; in materia tributaria, come detto nel paragrafo precedente, si discute se tale atto sia impugnabile – sempre per vizi propri – in Commissione Tributario o davanti al G.E.

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   In definitiva, questi meccanismi hanno in comune una cosa: il fatto che vi sia una cartella esattoriale precedentemente (e regolarmente…) notificata e che tale cartella non sia stata impugnata entro i 60 (sessanta) giorni dalla notifica (ovvero entro il diverso termine in essa indicato). Le somme iscritte a ruolo possono essere di vario genere: iva, irpef, ici, tarsu, “multe” stradali, contributi previdenziali ed assistenziali.

   Sui beni immobili, Equitalia può iscrivere ipoteca per un importo pari al doppio del quantum iscritto a ruolo (si badi bene, con l’unico titolo della cartella non opposta in termini…). Mi si chiede spesso qual è l’importo-limite sotto il quale non si potrebbe azionare tal meccanismo; ebbene, se da un lato l’agente della riscossione sostiene che si possa procedere per qualsiasi importo, dall’altro la dottrina e parte della giurisprudenza di merito concordemente sostengono che si possa procedere con ipoteca immobiliare se e solo se la cifra iscritta a ruolo non superi € 8.000,00.=. Anche in questo caso, il debitore dovrebbe sempre essere informato ut lege dell’iscrizione ipotecaria, ma ciò e spesso disatteso: nella prassi, se ne viene a conoscenza solo quando si procede a vendita dell’immobile.

   Per ciò che concerne i crediti vantati presso terzi, Equitalia può aggredire direttamente questi ultimi, mediante una procedura agevolata (in più di un’occasione accusata di incostituzionalità); si può pignorare praticamente tutto (stipendi – fino al “quinto”-, onorari, forniture, conti correnti), eccetto i crediti pensionistici. Ovviamente, l’agente di riscossione può consultare l’Anagrafe Tributaria: una volta individuato il terzo, potrà notificargli l’invito a pagare le somme iscritte a ruolo direttamente a se medesimo.