Quesito: è vero che la casa ex coniugale assegnata con provvedimento giudiziale ad uno dei coniugi affidatario di prole può essere detenuta per nove anni da tale decisione?

Il diritto di abitare la casa coniugale conseguente al decisum giudiziale di assegnazione resta valido fintantochè esso non venga modificato per lo scemare dei presupposti originari: il diritto di chiedere al Tribunale come modifica delle condizioni di separazione la revoca del provvedimento di assegnazione spetta – ovviamente – all’altro coniuge.

Se l’immobile è stato medio tempore alienato a terzi, l’acquirente ben potrà chiedere al Giudice il rilascio dell’immobile dopo il termine del diritto dell’assegnatario.

La giurisprudenza in tema ha visto notevoli revirements: in un primo momento si sostenne che il diritto di assegnazione (nel genus dei diritti personali atipici di godimento) fosse inopponibile all’acquirente. Successivamente, intervenne la Corte Costituzionale (cfr. n. 454/89 ed ord. n. 20/90): i giudici di Piazza del Quirinale ritennero, in linea con quanto disposto dall’art. 1599 c.c. per il trasferimento della cosa concessa in locazione, che il provvedimento di assegnazione della casa ex coniugale fosse opponibile al terzo acquirente (anche all’asta) entro nove anni. In caso di trascrizione nei registri immobiliari, l’opponibilità può andare anche oltre i nove anni (cfr. Cass. n. 20319/04; Cass. n. 7680/97; Cass. n. 10977/96; parz. diff. Cass. n. 4529/99). 

Successivamente, anche le Sezioni Unite (cfr. n. 11096/02) hanno sposato tale assunto, estendendolo altresì anche alle separazioni consensuali. Il fatto che il terzo conoscesse l’assegnazione non fa sì che il provvedimento sia opponibile oltre il novennio (anche se trascritto), ma dopo la trascrizione dell’atto di alienazione (cfr. Cass. n. 5067/03). Ciò dovrebbe inoltre precludere al terzo la possibilità di domandare l’annullamento del negozio giuridico per errore essenziale/incidente (che è appunto escluso proprio dalla conoscenza dell’assegnazione stessa.