La legge n. 69/2009 entrerà in vigore il 4 luglio. La riforma del processo civile – a quanto pare – porterà ad un taglio di tre anni e mezzo di surplus temporale. Tra le novità, l’pampliamento della competenza per valore del Giudice di pace; la forma e contenuto della sentenza: essa conterrà la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; le parti non potranno più presentare nuovi documenti in appello; è cancellata la norma che prevede che l’opposizione all’esecuzione è decisa con sentenza non impugnabile.

Il famoso filtro in Cassazione limiterà la possibilità di ricorrere ai Giudici di legittimità in due casi: quando la decisione impugnata è in linea con l’orientamento nomofilachitico e quando è patentemente infondata la presunta violazione dei principi del giusto processo. La norma è già sospettata di incostituzionalità.

Sul numero totale dei riti, essi saranno 3: quello vecchio ordinario, tuttora in auge per le cause pendenti; il nuovo ordinario (cause instaurate dal 4 luglio 2009); nuovo rito cd. “sommario” di cognizione.

Una novità tuttavia farà conteno più di un civilista, semplificandogli la vita: la possibilità di fornire testimonianze scritte (con l’assenso delle parti).

Altre disposizioni mirano ad evitare comportamenti processuali dilatori: penalizzazioni per chi presenta istanze di ricusazione campate infondate/inammissibili, per chi rifiuta senza motivo un tentativo di conciliazione, per chi inizia una lite temeraria. Le questioni di competenza (art. 28 c.p.c.) vanno sollevate subito, in comparsa di risposta ed entro i classici venti giorni precedenti l’udienza. Impugnazioni e riassunzioni avranno termini dimezzati.

Sugli incidenti stradali, si torna – per fortuna – all’antico: il rito del lavoro ha fallito nel tentativo di adattarsi – con la sua celerità – ad una materia che spesso richiede istruttorie approfondite.