Gentile Avv. Ciucio, volevo sapere di più in merito alla possibilità da parte del contribuente di rettificare gli errori nelle dichiarazioni fiscali. E’ possibile procedere entro quattro anni? Grazie (Silvano, via mail)
Una recente Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, n. 459/E del 2/12/08 dice che la dichiarazione a favore del contribuente possa essere presentata soltanto entro il termine di presentazione di quella successiva. Dopo tale termine, al contribuente non rimane altro che l’istanza di rimborso nei 48 mesi ex art. 38 d.P.R. n. 602/1973.
Avverto sin d’ora che stiamo trattando un tema delicatissimo, in quanto dibattuto e vessato da anni con revirements tali da ingenerare una certa confusione nel contribuente, come nel caso del lettore che qui ha posto il quesito.
Dico ciò poichè la risoluzione testè citata desta molte perplessità. In primis poichè nella risoluzione n. 12/E del 17/1/06 la stessa AGE aveva affermato il principio della emendabilità della dichiarazione tributaria, quale diretto corollario della natura della dichiarazione come atto di scienza e non di volontà; in secundis poichè in data 30/11/05 l’allora (ma anche attuale) sottosegretario all’Economia Dott. Molgora, in risposta ad un’interrogazione parlamentare, avanzava a sostegno del contribuente il principio generale dell’affidamento e della bona fides, con la ovvia conseguenza che risultava possibile integrare la dichiarazione senza limiti temporali.
Tali affermazioni venivano elevate a nobiltà giuridica dalla suprema Corte, che a Sezioni Unite (cfr. n. 15063/2002) affermava che al contribuente dovesse essere consentito di ritrattare ed emendare la dichiarazione affetta da error facti et juris, qualora da tale errore fosse derivato l’assoggettamento dello stesso ad oneri tributari diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, fossero rimasti a suo carico. Questo veniva motivato con l’assunto che un eventuale prelievo fiscale indebito non fosse compatibile con i principi costituzionali della cd. capacità contributiva.
Non si comprende quindi come sia stato possibile un cambiamento così brusco, tale da rendere possibile una rettifica (anche a favore) solo entro l’anno successivo e non più sine vinculis. Dal punto di vista strettamente normativo, mentre la ris. 12/E/06 e la risposta del Dott. Molgora si riferivano all’art. 2 comma 8/8bis d.P.R. n. 322/98, la risoluzione 459/E fa cenno ad alcune pronunce della S.C. (trascurando, tuttavia, le SS.UU. sopra riportate) che citerebbero la normativa previgente ai nuovi commi 8 e 8bis dell’art. 2 in questione.
Il comma 8 dice che il contribuente, entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento, possa integrare l’originaria dichiarazione per correggere “errori ed omissioni”, salva l’applicazione delle sanzioni.
Il comma 8bis, invece, dispone la possibilità di rettificare a favore la dichiarazione entro il termine di presentazione di quella per l’anno successivo e, in tal caso, è previsto che il credito che emerge possa essere fatto oggetto di compensazione.
Si osservi come, tuttavia, l’art. 2 comma 8 non distingua se gli errori/omissioni determinino una situazione di favore/sfavore.
In base a tale incertezza normativa, la giurisprudenza di merito si sta così uniformando:
- se la dichiarazione a favore è presentata entro il termine di presentazione di quella successiva, il contribuente può usare il credito in compensazione;
- se la dichiarazione integrativa a favore viene presentata dopo questo termine, non vi è possibilità di compensazione; per di più il contribuente potrebbe andare incontro a sanzioni (nel caso di dichiarazioni favorevoli, da € 258 ad € 2.065).
Agenzia delle Entrate, risol. n. 459/E:
(…) si giunge alla conclusione che al contribuente non è consentito presentare una dichiarazione correttiva con esito a sé favorevole oltre il termine previsto dall’art. 2 comma 8-bis d.P.R. n. 322/98, ma lo stesso può, invece, recuperare l’eventuale imposta versata in eccesso, attraverso un’istanza di rimborso presentata ai sensi dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973.
Il che non è senza conseguenze dal punto di vista procedurale e sostanziale, poichè, stando alla previsione dell’art. 41 comma 2, d.P.R. n. 602/1973, per i crediti derivanti dall’attività di liquidazione delle dichiarazioni il rimborso deve essere effettuato d’ufficio, mentre il rimborso di cui al precedente art. 38 presuppone un’apposita istanza, da presentare entro un preciso termine previsto a pena di decadenza, e richiede che sia il contribuente a dar prova delle circostanze che legittimano la ripetizione di quanto versato in eccesso.
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