Cassazione, n. 23411 del 2009: “…la corresponsione di assegno si riveli quantomeno opportuna, se non necessaria, quando, …, l’affidamento condiviso preveda un collocamento prevalente presso uno dei genitori: assegno da porsi a carico del genitore non collocatario. Del resto, il ricordato art. 155 c.c. fornisce indicazioni specifiche sulla determinazione dell’assegno, considerando, tra l’altro “i tempi di permanenza presso ciascun genitore”. Il genitore collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui, avrà necessità di gestire, almeno in parte, il contributo al mantenimento da parte dell’altro genitore…

La Cassazione dice una cosa molto semplice: pur in regime di affidamento cd. condiviso (che, lo si ricorda, è attualmente il default per ciò che concerne la disciplina dei minori in caso di separazione dei genitori), è legittimo che sia posto un onere di mantenimento a carico del genitore che non vive insieme con il figlio collocato prevalentemente nella casa dell’altro.

In realtà, il casus giunto all’attenzione del Palazzaccio concerneva un litigio di una coppia non sposata. Si è rigettato un ricorso di un padre milanese che aveva avuto un figlio dalla propria convivente. Il Tribunale dei Minorenni di Milano aveva stabilito l’affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori, con collocamento prevalente di quest’ultimo presso l’abitazione assegnata alla madre. In aggiunta, era stato stabilito un assegno di mantenimento filiale a carico del padre, il tutto confermato anche in Appello.

Con ricorso in Cassazione, egli aveva sostenuto che la nuova normativa sull’affidamento condiviso avesse innovato la materia de qua, e che fosse iniquo che fosse stato stabilito un assegno a proprio carico allorchè nulla era stato disposto a carico della madre. Gli ermellini rigettano questa tesi, e fermamente: infatti, precisano questi ultimi, “il genitore collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui del minore, avrà necessità di gestire, almeno in parte, il contributo al mantenimento dell’altro genitore dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all’acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese straordinarie” (es. libri, indumenti). In altre parole, come si usa scrivere nei verbali di separazione, il contributo è imposto a titolo perequativo.

D’altra parte, la Suprema Corte ha altresì detto che anche il genitore con cui vive il minore debba contribuire al soddisfacimento dei bisogni della prole in proporzione alle proprie disponibilità economiche, qualora ovviamente questi abbia un lavoro ed un guadagno.

Inoltre, ma non per importanza per noi avvocati, si è risolta una questione procedurale: dopo l’entrata in vigore della legge sul cd. affido condiviso, che de facto ha assimilato pienamente la posizione dei figli naturali a quelli legittimi, si può proporre ricorso in Cassazione avverso i provvedimenti di appello in materia di affidamento dei figli di genitori non sposati, delle consequenziali decisioni in materia economica (ivi compresa l’assegnazione della casa coniugale).