Chi viola il dovere di fedeltà coniugale non ha diritto all’assegno e vede addebitarsi la separazione. Lo ha ribadito il Tribunale di Roma con sentenza del 9 gennaio 2015.
L’istruttoria espletata sul caso ha portato il Tribunale a rigettare le richieste della moglie in danno del marito, incentrate su una colpa basata sul sentirsi trascurata per avere il marito profuso ogni impegno alla costruzione del suo profilo professionale e di un solido impianto economico. Il marito aveva assunto incarichi di primario ospedaliero e di professore universitario, oltre a svolgere l’attività di libero professionista.
Il giudice ha accertato che il ménage familiare si sia costruito su una pattuizione implicita, che vedeva il marito impegnato a provvedere al fabbisogno economico della famiglia e la moglie dedita ai compiti materiali genitoriali.
La violazione del dovere di fedeltà da parte della moglie è emersa in sede testimoniale, che ha accertato che quest’ultima intrattenesse una relazione con un amico di famiglia, già molto tempo prima – due anni – della separazione. Questo dato, oltre all’assiduità della frequentazione e al fatto che gli amici della coppia ne fossero a conoscenza, ha portato il giudice ad affermare il nesso di causalità tra infedeltà e rottura del matrimonio.
È stato quindi escluso l’assegno di mantenimento a carico del marito. Inoltre, la mancanza probatoria dello stato di bisogno ha impedito anche il riconoscimento degli alimenti a favore della moglie. Per ciò che concerne le due figlie, è stato stabilito (considerato il reddito paterno) un importo di € 4.000, da corrisponder alla madre in questo modo: integralmente per la minore e per i due terzi per la figlia maggiorenne, potendo l’importo residuo di € 500 essere versato dal padre direttamente nelle sue mani.
Da: il Sole24Ore del 18 giugno 2015